Un occhiale per consentire alle persone sorde di non perdersi nemmeno una parola durante il tour. Una realtà al Museo Egizio, prima struttura al mondo che sperimenta i GoogleGlass4Lis, già ribattezzati per l’occasione negli “occhiali del faraone”. L’applicazione studiata per le lenti ipertecnologiche inventate da Google permette di tradurre simultaneamente parlato o scritto nella lingua italiana dei segni.

Primo software sperimentale “made in Italy” studiato per i Glass grazie alla collaborazione tra il progetto Atlas, guidato dal professor Paolo Prinetto del Politecnico di Torino, con il supporto dell’Università di Torino, dell’Institut Jean-Nicod di Parigi e dell’Ente nazionale sordi. Un modo per arrivare ad un’app in linea con i problemi e le esigenze di chi non sente. Prodotto concepito con il contributo di Rokivo, azienda italo-statunitense con sede a New York e Torino, una delle società “explorer” delle potenzialità dei Google Glass, e la milanese Vidiemme. Due società big del digital design.

La Fondazione Museo Egizio, guidata da Evelina Christillin, ha deciso di far propria questa tecnologia, sperimentandola per le visite. «Sentiamo una precisa responsabilità verso l’ampio pubblico che ogni giorno ci sceglie, quella di garantire la massima accessibilità fisica ed intellettuale alle collezioni: in questo contesto abbiamo accolto con entusiasmo questa progettazione», dice Christillin. Cosa succede a chi indossa gli occhiali? Funzionano come un tablet: attraverso la voce o un tocco sull’asticella in alto a destra compaiono le app. Tra queste la traduzione simultanea in Lis, attraverso un avatar, di ciò che il visitatore ammira nel museo.

Atlas, in collaborazione con le Ferrovie, sta già sperimentando nella stazione di Porta Nuova la traduzione in Lis degli annunci all’altoparlante sullo smartphone, sempre attraverso un avatar che trasforma in segni gli arrivi, le partenze, i ritardi dei treni e qualsiasi avviso. Piani sostenuti dall’assessore all’Innovazione del Comune di Torino Enzo Lavolta, all’interno del piano “Smart City”. Merito suo l’aver messo in contatto Rokivo, Vidiemme e la piattaforma Atlas: «Un esempio di come si può fare sistema accostando tasselli per costruire insieme un mosaico più ampio e ricco per continuare a far nascere a Torino il futuro»

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