La sconfitta elettorale del 13 e 14 aprile ha messo in evidenza i limiti del PD nel costruire un legame con i pensieri profondi della società italiana, di interpretarne la paure ed i desideri, di parlare alla pancia ed al cuore delle persone fallendo in questa occasione l’obiettivo di insediare un forza riformista capace di andare significativamente oltre la somma dei voti di Ds e Margherita.
La scomparsa della Sinistra Arcobaleno dal Parlamento è certamente frutto di ragioni profonde e strutturali dovute all’incapacità di cogliere le trasformazioni della società e rischia di avere conseguenze politiche che possono rendere più complessa la valorizzazione della natura prospettica del PD come partito di governo.
Il risultato piemontese ha messo in evidenza la forte accentuazione della tradizionale bipolarizzazione della Regione confermando quel fenomeno di isolamento territoriale del PD tra la Provincia di Torino e le altre province. Questo dato costituisce un forte motivo di preoccupazione in vista dei prossimi appuntamenti elettorali del 2009 e del 2010 ed obbliga ad avviare quanto prima, a tutti i livelli, le azioni politiche ed amministrative necessarie. In quest’ottica, tutti dobbiamo sentirci coinvolti e responsabili. Anche nelle scelte del Partito, ivi compresa la formazione delle liste e la selezione dei gruppi dirigenti, è indispensabile riprendere il filo del dialogo tra i territori piemontesi e le loro specificità.
Occorre uscire al più presto da questa situazione di stallo e reagire alla battuta di arresto nel processo di costruzione del PD ma per farlo non possiamo essere indulgenti nell’analisi. Il PD ha ottenuto un risultato ragguardevole ma inferiore alle aspettative e necessita di una nuova strategia di alleanze, anche per colmare la debolezza strutturale in tutte le regioni del Nord e nelle province piemontesi.
È evidente la necessità di un generale ripensamento del modello organizzativo nazionale che superi la personalizzazione e apra il gruppo dirigente ad un vero rinnovamento evitando i limiti manifestati nelle scelte dei vertici dei gruppi e delle istituzioni parlamentari, attuando le precise indicazioni dello Statuto. Anche per questi motivi il PD piemontese deve sentirsi impegnato sin d’ora ad elaborare proposte politiche di carattere nazionale e a promuovere la graduale formazione di una nuova classe dirigente nazionale.
Occorre che il PD del Piemonte avvii una nuova fase in cui tutti debbono essere chiamati a dare il loro contributo, indipendentemente dalla collocazione assunta il 14 ottobre anche attraverso il superamento del metodo obbligato con il quale abbiamo costruito gli organismi dirigenti regionali.
È necessario riprendere in mano quanto prima il tema del profilo politico e culturale del PD riportando al centro il tema dell’autonomia e della dimensione federale del Partito rispetto alle logiche centralistiche nazionali. In questo senso un passaggio fondamentale sarà rappresentato dalla discussione che faremo in merito al nostro Statuto. Se da un lato è necessario riprendere quanto prima una politica dei redditi rivolta soprattutto ai ceti medio-bassi, con grande determinazione dobbiamo recuperare la dimensione del rapporto costante ed attento con la piccola e media impresa e con il mondo del lavoro autonomo e fornire risposte credibili alla domanda generale di sicurezza e di fermezza che proviene dal nostro territorio.
Delicato è il ruolo delle aree politico-culturali all’interno del Partito che devono rappresentare sempre e solo strumenti di proposta e dibattito politico all’interno degli organi del Partito evitando semplici riproposizioni di riferimenti e identità ideologiche smarrite o appannate che sono il nostro punto di partenza ma che non devono appesantire il cammino riformatore del Partito. Il PD è nato per guardare avanti e non indietro, al di fuori della logica degli ex e delle loro contrapposizioni in cui deve evitare di avvitarsi se punta ad essere interprete di quella modernità dell’azione politica che ne costituisce l’essenza e la stessa ragione fondativa.
Elemento fondamentale dell’azione di rilancio del Partito è poi il lavoro che ci attende per consolidare il suo radicamento sul territorio piemontese attraverso l’azione dei circoli, il lancio dell’iniziativa politica dei forum tematici e l’imminente tesseramento. Il tema della vocazione maggioritaria del PD non è in alcun modo contrapposto all’esigenza fondamentale di ricostruire una strategia di alleanze attraverso un dialogo rispettoso delle differenze e capace di valorizzare tutti gli attori, secondo le migliori tradizioni della politica di coalizione che ha lungamente caratterizzato i rapporti tra i partiti nel nostro paese e nella nostra regione riprendendo il suo ruolo di centro di aggregazione e di garanzia di tutte le forze riformiste.
Il PD guarda con interesse alla ricostruzione di una forza alla sua sinistra che dia sbocco politico ad un’area sociale significativa ponendosi altresì come obiettivo il consolidamento del voto ricevuto da una parte dell’elettorato della Sinistra Arcobaleno. Tuttavia la sua sfida attuale più importante si gioca al recupero di una fascia di elettorato che vuole coniugare in modo virtuoso politiche di efficienza e politiche di solidarietà. In tal senso l’Italia dei Valori, i Moderati e l’UDC sono interlocutori con cui avviare sin da subito ed in vista dei prossimi appuntamenti elettorali un intenso confronto programmatico nell’approfondimento dei temi di merito e nella individuazione della possibilità di un percorso comune. Naturalmente non tutto è riconducibile alla logica delle alleanze politiche. Il PD deve avviare una strategia di alleanze sociali capace di ricostruire un rapporto con la variegata società piemontese e anche con quel mondo rappresentato da liste civiche e soggetti politici locali che saranno fondamentali nella creazione delle condizioni necessarie a consolidare la prospettiva di vittoria delle prossime competizioni elettorali.
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