L’abbandono improvviso di Motorola , dal centro ricerche e sviluppo di Torino, ci impone almeno due ordini di riflessioni: innanzi tutto il mantenimento sul territorio e la valorizzazione del know-how dei 370 lavoratori, in secondo luogo il significativo apporto di risorse pubbliche che ha caratterizzato la presenza di Motorola nella nostra città.

L’abilità di raggiungere la leadership di mercato per il secondo produttore di cellulari al mondo, tanto declamata dall’azienda in questi anni, ha trovatofondamenta nelle eccezionali proprietà e capacità intellettuali delle risorse umane che ha avuto a disposizione. E’ inaccettabile che, in un Paese che dibatte con forza sulla necessità di destinare giustamente risorse utili alla ricerca, laddove questa si concretizza – come a Torino con il Politecnico – si producano eccellenze che oggi vengono mortificate dalle scelte commerciali sbagliate del management dell’azienda americana.

In questi anni Motorola oltre a beneficiare delle alte professionalità nate in seno al Politecnico di Torino, non ha pagato l’affitto di una struttura di migliaia di metri quadrati, ha condizionato l’I3P, (l’incubatore nato per generare nuova imprenditoria “knowledge based” ), sedendo nel suo consiglio di amministrazione ed ha infine trovato nel Comune di Torino un acquirente di prodotti tecnologici per centinaia di migliaia di euro.

In questa vicenda vengono evidentemente a galla tutte le contraddizioni e le ambiguità proprie del vano tentativo di coniugare contemporaneamente liberismo e sostegno pubblico. Chi otto anni fa, ha colto nell’arrivo di Motorola a Torino una opportunità di sviluppo ha fatto il suo mestiere. Chi ha forzato perché avvenisse a tutti i costi ha peccato di eccessivo entusiasmo e di scarsa lungimiranza.

Oggi, a differenza del 2000, la politica torinese ha l’opportunità di dare fiducia direttamente ai lavoratori offrendo loro strumenti utili a creare imprese che da questo territorio, con le sinergie già in atto tra istituzioni ed Università, capitalizzino gli investimenti realizzati. L’alternativa errata sarebbe l’affannosa ricerca di grandi investitori ai quali dover assicurare chissà quali altre garanzie.

Non penso che le soluzioni. che necessariamente devono nascere in seno alla politica, possano limitarsi ad adire per vie legali anche perché Motorola, per quanto possa essere doloroso ammetterlo, ha rispettato il suo contratto.

Penso che la politica abbia come principale obiettivo quello di immaginare il futuro, il migliore possibile e lavorare perché si realizzi e credo che debba fare tesoro delle esperienze passate, soprattutto se queste sono severe lezioni, utili per le scelte future.

 

Enzo Lavolta

 

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *