Difficile convivenza quella tra innovazione e abitudine, tra bellezza e funzionalità.
Le strategie ambientali ricevono spesso l’accusa di deformare il luogo in cui vengono attuate, uno strano paradosso per cui ciò che dovrebbe rendere più sano l’ambiente in cui viviamo lo abbrutirebbe anche senza rimedio.

Celebri vittime le pale eoliche, ma anche i pannelli solari non sono esenti da critiche (perché la tegola dovrebbe risultare più gradevole alla vista, se non per mera abitudine, rimane ancora un mistero).

Sul banco degli imputati troviamo adesso l’illuminazione a LED, una misura che investirà gradualmente tutte le città e che in questi mesi sta cambiando il volto di Torino.
Progetto Torino Led, dentro al più ampio Master Plan SMILE, è stato presentato ufficialmente quasi un anno fa e prevede la sostituzione del 55% delle attuali illuminazioni pubbliche con lampade a LED, per un totale di 55 mila lampioni presenti sul territorio cittadino. Una misura prevista dal Protocollo di Kyoto per la riduzione dei consumi energetici e auspicata dalla Covenant of Mayors, “il patto dei sindaci”, sottoscritto nel 2009 da Torino. Il lavoro di sostituzione, già in atto, dovrebbe concludersi entro giugno 2016, ma si tratterà solo della fine del primo tempo: l’obiettivo è trasformare al 100% l’illuminazione della città.
Secondo l’assessore all’ambiente Enzo Lavolta non si tratta solo di un «cambiamento strutturale importante, grazie al quale il risparmio energetico sarà evidente già dalle prime accensioni, ma è anche un salto culturale, un cambiamento nelle abitudini che riveste ogni aspetto della nostra esistenza».
Torino ha in questi anni molto sottolineato il suo impegno verde, senza però che siano mancati i problemi per la Giunta Fassino: l’ultimo quello relativo all’emergenza polveri sottili, mal gestita secondo le critiche, soprattutto del rivale Airaudo, che ha più volte rimbeccato il sindaco per aver attuato misure poco efficaci.
Per quanto riguarda i LED, il Comune ha organizzato con Iren una vera e propria campagna di pubblicizzazione a tutto spiano (con tanto di contest letterario “Una frase di luce per #TorinoaLED”, pensieri in libertà sulle emozioni suscitate da lampadine e lampioni).

Secondo i dati aggiornati a dicembre 2015, verrebbero così annualmente evitate 4.147 tonnellate di CO2 e risparmiati quasi due milioni di euro, grazie anche alla maggior durata delle nuove lampadine.

Secondo Iren «la luce, di colore lievemente più bianco dell’attuale, è più diretta e focalizzata verso il basso offrendo così una maggiore copertura luminosa delle strade e aumentando la percezione di sicurezza per i cittadini che le percorrono».
Non tutti, però, condividono questo punto di vista. Come spesso accade a novità introdotta, le opinioni si sono divise tra due diversi schieramenti, pronti a far luce sulla vicenda.

Da una parte i sospiri di coloro che, “com’era verde la mia vallata”, criticano la nuova misura: in testa il nutrizionista Francesco Federico Ferrero, esperto di cibo a tutto tondo (dalla psicoanalisi all’antropologia, passando per il marketing), che si chiede retoricamente chi mai mangerebbe un piatto, per quanto succulento, se illuminato da una luce fredda, fosforescente e aliena.
L’efficace metafora, non fosse chiaro, allude a una possibile rivalutazione in negativo della città, trasformata di colpo in sala d’aspetto ospedaliera: proprio adesso che il suo fascino discreto l’aveva portata sulle pagine del New York Times. Prevede l’obiezione il poetico Ferrero, il piatto certo non lo si mangerebbe neanche se scarsamente illuminato: in medio stat virtus..
Dall’altra parte, il partito del “nuovo è meglio”. Fra questi paladini della modernità troviamo l’archistar Massimiliano Fuksas e il presidente del Circolo dei Lettori Luca Beatrice, entrambi senza dubbi: il lampione è da sostituire, anacronistico nel suo scialbo pallore.
La città contemporanea vive di luci forti, le altre sanno di vecchio (a proposito di come cambia Torino, fra pochi giorni verranno discussi i progetti sulla nuova Città della Salute che si articolerà proprio intorno al grattacielo di Fuksas, in cui prima o poi la Regione prenderà la residenza).

Nonostante ciò, in alcune zone del centro si manterranno le vecchie luci tradizionali: in pratica ad alcuni cittadini toccherà passeggiare alla luce di una sala operatoria, altri potranno utilizzare ancora il vecchio abat-jour, scrivono i critici.
Colpite dalla nuova misura anche le celebri Luci d’Artista, manifestazione quest’anno giunta alla 18° edizione: attorno al Monte dei Cappuccini i neon dei Piccoli spiriti blu dell’artista Rebecca Horn sono già stati sostituiti.

Un danno secondo il paladino dell’iniziativa Richi Ferrero, che critica Iren di non essersi impegnata abbastanza nella scelta dei LED, accusa rigettata da Francesco Profumo, presidente della società, che liquida la vicenda come «questione di abitudine» e ribadisce convinto che, considerati i vantaggi, «il gioco vale il LED».
Un «parcheggio alla periferia di Bucarest» per i nostalgici, entusiasmante modernità per i fan del LED: a Torino una battaglia fino all’ultimo watt.

di Giulia Dalla Verde caratteriliberi.eu dell’11/01/2016

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