Omnia potrebbe trasferirsi nella sede di Agile

di Andrea Rossi

Nel vortice della crisi che picchia duro sul tessuto produttivo torinese sta succedendo di tutto. Succede anche che i lavoratori di un’azienda sull’orlo del fallimento possano ospitare i loro colleghi di un’altra ditta – anch’essi vicini al baratro – per provare ad aiutarli a salvare quel che resta delle loro commesse. Succede che ci si possa unire per non morire, accomunati dalla malasorte di essere capitati tra le mani di capitani di sventura, capaci di demolire imprese in salute fino a portarle al dissesto, lasciando i dipendenti senza stipendio, a convivere con lo spettro della disoccupazione.

I lavoratori di Agile-Eutelia e quelli di Omnia-Phonemedia (tutti operatori di call center) da mesi vivono disavventure parallele. Entrambi credevano di essere al sicuro, facevano parte di imprese in salute, ma sono finiti tra le grinfie di chi ha spolpato quel che si poteva e poi si è dileguato. Entrambi stanno cercando di salvare quel che resta delle loro imprese. Entrambi hanno visto alcuni dei loro dirigenti finire in galera: gli ultimi sono stati tre manager di Phonemedia, epilogo della vicenda che ha portato l’ex vicepresidente della Regione Piemonte Roberto Rosso a dimettersi, dopo aver inviato (quand’era ancora soltanto deputato) lettere in cui garantiva l’affidabilità dei vertici della società. Entrambi sono ora nelle mani di commissari straordinari che stanno cercando nuovi acquirenti per scongiurare il fallimento. Entrambi, infine, da molti mesi lavorano gratis pur di non perdere le poche commesse rimaste e cercare di garantirsi un futuro.

Il guaio è che devono schivare un’imboscata dietro l’altra. L’ultima si è abbattuta sui 98 lavoratori torinesi (tutti a tempo indeterminato) di Omnia pochi giorni fa: hanno scoperto che la sede in cui stanno ancora lavorando, a turni di sette, con l’unica commessa (Seta-Asm) che sono riusciti a mantenere, è sotto sfratto esecutivo. Da tempo nessuno paga l’affitto e il proprietario ha deciso di cacciarli. Per loro significa non poter più lavorare, perdere l’ultimo cliente rimasto e probabilmente avviarsi a passo spedito verso il baratro.

Ieri erano in Comune, a raccontare le pieghe del loro dramma alla commissione Lavoro. E lì hanno capito che un piccolo spiraglio è rimasto. Il presidente della commissione Enzo Lavolta (Pd) ha scritto ai commissari delle due aziende – tre per Agile e uno per Omnia – proponendo una soluzione: nella sede torinese di Agile, in corso Svizzera, qualcuno sta ancora lavorando, ma ci sono una ventina di postazioni libere; perché non ospitare i dipendenti di Omnia, che lavorano in sette per turno e perciò occuperebbero neanche la metà dei computer inutilizzati? «Così facendo, visto che nella sede di Agile viene effettuata regolare manutenzione, si potrebbe dare un po’ d’ossigeno ad Omnia, in attesa che il commissario lavori alla ricerca di acquirenti», spiega Lavolta. «Eviteremmo di far naufragare anche l’ultima commessa».

L’iniziativa ha ricevuto il via libera dalle rappresentanze dei lavoratori di entrambe le imprese, della commissione Lavoro del Comune e pure la benedizione vicesindaco Tom Dealessandri. «In questi giorni, in cui è sempre più evidente il legame tra certa politica e il malaffare, bisogna difendere la dignità calpestata dall’arroganza di pochi furbetti attenti solo al profitto illecito», ribadisce Lavolta. La lettera è partita ieri, indirizzata a Roma. Il tempo non è molto, la prassi è a dir poco insolita. Mai i lavoratori di una società sono stati ospitati nella sede di un’altra azienda. Che succeda dipende solo da chi avrà la meglio: la burocrazia o l’esigenza di salvare – almeno per un altro po’ – 98 posti di lavoro.

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